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Ucraina: il ruolo che dovrà giocare la Chiesa greco-cattolica 

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Soldats ukrainiens assistants à une messe gréco-catholique dans l'est de l'Ukraine (2015).

Didier Rance - pubblicato il 21/10/22

Se si giungerà a una pace che salvaguardi il diritto della nazione ucraina di disporre del proprio destino, la Chiesa cattolica in Ucraina avrà un ruolo da giocare. Diacono latino e bizantino, Didier Ranche, che ha appena pubblicato (in francese) “Catholiques d’Ukraine” per le edizioni Artège, mostra come la vocazione particolare dei greco-cattolici a servire l’unità si sia approfondita, durante la Resistenza.

Alla Chiesa greco-cattolica di Ucraina, come alle sue Chiese-sorelle cattoliche orientali (tra le quali resta la più importante per numero di fedeli), il concilio Vaticano II conferisce «a titolo particolare il compito di promuovere l’unità di tutti i cristiani, soprattutto di quelli orientali» (Orientalium Ecclesiarum 24), di essere una Chiesa-ponte. 

Tenendo conto del fattore religioso (reale o pretestuoso che sia) nella guerra della Russia all’Ucraina, questo incarico le conferisce un ruolo particolarissimo nella soluzione del conflitto di cui il Paese è vittima. 

Non bisogna però andare troppo veloci: i cattolici in Ucraina, come i loro fratelli ortodossi e altri, possono fare loro la parola del beato fratel Christophe di Tibhirine poco prima del suo martirio: 

Sì, ci sono dei nemici. Non possiamo essere costretti troppo rapidamente a dire che li amiamo senza far torto alla memoria delle vittime, delle quali il numero cresce ogni giorno. 

L’ora presente è quella dell’aggressione che da dieci mesi Vladimir Putin protrae; quella di vite distrutte o straziate, di massacri, crimini e atrocità che i cattolici subiscono al pari di tutti i loro concittadini ucraini. In questi giorni dei missili sono caduti su Leopoli, Ternopol e Ivano-Frankisvk – le regioni in cui i greco-cattolici sono più numerosi; dall’inizio dell’aggressione, l’Università Cattolica di Ucraina (nella quale erogo un corso sull’unità dei cristiani) piange vittime tra i suoi membri. 

Senza perdere di vista l’orizzonte del dopo-la-guerra e la sua missione di unità, questa Chiesa condivide le sofferenze del suo popolo; mediante la voce del suo capo, mons. Sviatoslav Shevchuk, essa sostiene il coraggio e la denuncia dei crimini, fa pregare per le vittime e per la fine del conflitto, e aggiunge rivolta a noi (in Occidente): «Non lasciateci soli nel dolore». 

La forza della verità 

L’avvenire? In caso di vittoria di Vladimir Putin l’orizzonte è cupo. I greco-cattolici sono doppiamente minacciati: in quanto ucraini e in quanto cattolici. Fin dal primo contatto, a metà del XVII secolo, e arrivando al 2014, non c’è un solo esempio nella storia, non uno solo, in cui la conquista delle loro regioni da parte dell’esercito russo (sotto i suoi nomi successivi – moscovita, imperiale russo, rosso sovietico o della federazione russa) non abbia innescato persecuzioni volte alla loro liquidazione. 

Le dichiarazioni fatte il 3 aprile 2022 dall’agenzia di stampa ufficiale del Cremlino, RIA Novosti, sulla sorte promessa alla “provincia cattolica” dell’Ucraina dopo una vittoria russa, non lascia purtroppo alcun dubbio sul suo avvenire in tal caso; allo stesso modo si devono leggere le dichiarazioni del patriarcato di Mosca che riprendono il mito di un unico “mondo russo” ortodosso millenario. Piaccia a Dio che questo non si realizzi mai, anche se la resistenza e la resilienza secolari dei greco-cattolici, foss’anche nelle catacombe, è un segno di quel che accadrebbe in tal caso: nel 1946 Stalin decretò la “soluzione finale” del “problema greco-cattolico” mediante persecuzione totale. 

Quarantatré anni più tardi, la Chiesa greco-cattolica è uscita dalle catacombe più forte che mai: come mi disse allora Stephania Shabatura, una delle eroine della resistenza e dei Gulag, 

la vera legge della vita non è che ciò che pare grande lo è realmente. Ciò mostra che il più debole, se la verità è con lui, è più forte del più forte. La sola vera forza è la verità. 

Questo vale e varrà sempre. 

I due polmoni 

Se si giungesse a una pace che salvaguardi il diritto della nazione ucraina all’autogoverno, la Chiesa cattolica di Ucraina avrebbe un ruolo da giocarvi, un ruolo al quale essa è doppiamente preparata. Anzitutto per il suo passato di fedeltà ai due polmoni del cristianesimo, quello orientale (per la sua identità di Chiesa bizantina, che condivide con le Chiese ortodosse) e quello occidentale (per il suo legame con Roma, non rotto dallo scisma del 1054 – cosa che ha dato ai suoi capi un ruolo importante durante i concilî di Unione nel Medioevo, e poi per la riaffermazione dell’Unione dopo il 1595-1596). E ancora, a partire dall’indipendenza dell’Ucraina, per le sue azioni di riconciliazione e di dialogo che collegano cura pastorale dei fedeli e apertura all’unità delle Chiese con gli ortodossi. 

Qualche fatto in tal senso: già prima della fine della persecuzione sovietica, il suo capo, allora in esilio, propose un perdono reciproco al patriarcato di Mosca (purtroppo senza che una risposta sia mai arrivata, fino a oggi); l’Istituto di Studi Ecumenici dell’Università Cattolica è stato fondato da un ortodosso di origine russa; la Chiesa e questo ente accademico hanno moltiplicato le iniziative di riconciliazione da trent’anni a questa parte, fra cattolici e ortodossi, fra Ucraini e Polacchi e Ucraini ed Ebrei; nonché quelle [iniziative] per la purificazione della memoria in questo Paese dal passato multinazionale complesso, e spesso tragico, ai quali appartengono Ucraini, Lituani, Polacchi, Russi, Ebrei, Tartari. 

Qualunque cosa accada, questa missione e questa vocazione della Chiesa greco-cattolica di Ucraina andranno avanti. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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chiesa bizantinaguerrarussiaucrainavladimir putin
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