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I pastori Fulani le hanno ucciso il marito. La sua fede l’ha portata a perdonare

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Photo courtesy of Aid to the Church in Need

Aiuto alla Chiesa che Soffre - pubblicato il 19/02/23

“La mia fede mi ha fatto andare avanti. È la ragione per cui sono viva e respiro ancora”

Il 26 ottobre 2021, i pastori Fulani hanno ucciso il marito della ventenne Ember Amee. Lei era incinta, e quando è tornata a casa ha trovato il marito in una pozza di sangue. Nonostante la sua gravidanza, i Fulani hanno attaccato anche lei. Come risultato di quella violenza, Ember ha problemi mentali ed è stigmatizzata dalla sua comunità. Ha parlato della sua esperienza con Patience Ibile di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Puoi dirci qualcosa del giorno in cui hai perso tuo marito?

Il 26 ottobre 2021 è un giorno che sto cercando di dimenticare. Quel giorno fatale, mio marito ed io stavamo lavorando alla fattoria vicino al nostro villaggio. All’epoca ero in uno stato avanzato di gravidanza. Mio marito ha notato che ero triste e mi ha chiesto quale fosse il problema. Ho risposto che non lo sapevo, ma mi sentivo triste e a disagio, e avevo i pensieri confusi. Sentivo come se stessi per perdere qualcosa a me caro. Non riuscivo a capire quel sentimento. Qualche minuto dopo, avevo sete e ho detto a mio marito che sarei andata a prendere dell’acqua. Mi ha salutata e mi ha detto di non stare via a lungo. Ho risposto con un sorriso, non sapendo che sarebbe stata l’ultima volta in cui l’avrei visto o ne avrei sentito la voce.

Al ritorno non sono riuscita a trovare mio marito, ma all’inizio non mi sono preoccupata. Mi sono guardata intorno, ma non c’era traccia di lui alla fattoria. Allora mi sono preoccupata, e ho iniziato a chiamarlo ripetutamente. Sono corsa da un lato all’altro della fattoria. All’improvviso, ho sentito una risposta dall’altro lato della fattoria. Per confermare di aver sentito davvero una voce l’ho chiamato di nuovo, e ho ottenuto nuovamente una risposta. Non sembrava la voce di mio marito, e ho iniziato a chiedermi cosa gli fosse accaduto.

Ho iniziato a camminare verso il luogo da cui proveniva la voce. Anche se non ero del tutto convinta che fosse quella di mio marito, ero decisa ad andare a vedere cosa stesse succedendo. Quando sono arrivata lì ho visto mio marito a terra, senza vita, ucciso e in una pozza di sangue. Il suo cadavere era circondato da otto pastori Fulani.

Uno di loro aveva fatto finta di essere mio marito. Mi ha attirato verso il luogo in cui si trovavano. Il mio cuore ha come smesso di battere, e mi si è gelato il sangue improvvisamente, avevo la pelle d’oca. Ho pensato alla mia gravidanza e ho gridato. Soffrivo moltissimo. Quando li ho visti venire verso di me ho cominciato a correre, ma la fortuna non era dalla mia parte. Ho inciampato e sono caduta.

Uno di loro mi ha puntato il machete allo stomaco, ma io ho usato rapidamente le mani e la testa per difendere il mio bambino. Mi sono sentita un taglio alla spalla, ed è stato così doloroso che non sono riuscita neanche a gridare. La mia bocca si è aperta, ma non ne è uscito alcun suono. Ho usato la mano destra per cercare di fermare il sangue. Quando hanno visto questo, uno di loro mi ha tagliato tre dita della mano sinistra.

Non mi sono mai sentita così male. Il dolore che ho provato in quel momento non può essere paragonato a niente sulla Terra. Ho sentito un altro colpo alla base della testa. Per via della ferita, ho avuto le vertigini. Ho visto uno di loro con un coltello in mano. Ha alzato il braccio per pugnalarmi, ma io ho finto di essere morta. È stata sicuramente la mia salvezza. Ho sentito uno di loro dire “Se yem! Ve kype cii!”, che vuol dire “Andiamocene, ormai sono morti”. Dopo che i Fulani se ne sono andati, un abitante del villaggio, che aveva visto la scena nascosto, mi ha portata di corsa in ospedale. Non posso ringraziare abbastanza Dio per aver tenuto in salvo il bambino che portavo in grembo – e per avermi risparmiato la vita.

Oggi, però, dimentico facilmente le cose, e a volte agisco in modo un po’ folle. Sono comunque grata a Dio per il fatto di essere viva. Ho imparato ad adattarmi e ad affrontare questo trauma, che molto probabilmente mi porterò dietro per tutta la vita.

Ember-Amee-Photo-courtesy-of-Aid-to-the-Church-in-Need

È stata la prima volta in cui ti sei trovata davanti alla violenza dei Fulani?

Non è stata la prima volta e neanche l’ultima. C’è stata una serie di attacchi nel mio villaggio, e ho davvero perso il conto delle tante volte in cui siamo stati attaccati. Continuano a farlo, e nessuno li ferma.

Ci sono stati momenti in cui c’è stata armonia tra agricoltori cristiani e pastori Fulani?

Non che io sappia. Il rapporto è instabile da tempi immemorabili, è sempre stato come tra cane e gatto. Noi agricoltori cristiani abbiamo teso la mano in amicizia ai pastori Fulani varie volte, ma hanno continuato a tradire la nostra fiducia. Continuano a respingere i nostri gesti di amicizia tradendoci e uccidendoci in ogni momento. Siamo veramente stanchi di tutto questo.

Vivi in un campo per sfollati interni?

Sì, vivo nell’Ortese IDP Camp nello Stato di Benue. Mi sono appena trasferita nel campo. Dopo l’attacco sono stata in uno dei villaggi vicini, ma di recente anche quella comunità è stata attaccata. Sono riuscita ad andare alla diocesi, si sono presi cura di me per qualche giorno e poi mi hanno portata al campo. Non posso tornare nel mio villaggio perché ora è dominato dai pastori Fulani.

Che tipo di servizi offre la Chiesa?

La Chiesa fa quello che può. Ci dà cibo, abiti e oggetti per l’igiene, rafforza la nostra fede attraverso le preghiere e celebra la Messa per noi.

Quali sono le tue prospettive per il futuro?

Attualmente sto imparando a cucire e a realizzare bellissimi vestiti. Spero di riuscire a mettere su un negozio per provvedere a mio figlio Myton e a me.

Pensa mai di tornare alla sua attività agricola?

Amo l’agricoltura, ma ora che sono menomata non sono certa che riuscirò a tornare a questa attività. La mia mano sinistra non riesce a funzonare correttamente per le ferite che ho ricevuto durante l’attacco.

La tua fede è diventata una fonte di fede per te?                                                

La mia fede mi ha fatta andare avanti; è la ragione per cui sono viva e ancora respiro. Sto andando avanti nonostante la mia situazione. Confido ancora in Dio, nonostante quello che ho passato, e spero in un futuro roseo.

Pensi di poter perdonare i tuoi assalitori?

Sì, li perdonerò. Come cristiani, ci viene insegnato a perdonare chi ci fa del male per poter essere a nostra volta perdonati. Li ho perdonati per tutto il dolore che mi hanno inflitto.

Aiuto alla Chiesa che Soffre supporta il lavoro della diocesi di Makurdi, in Nigeria, per aiutare gli sfollati interni in 14 campi e in 13 comunità di accoglienza.

Oltre a offrire sostegno pastorale, la Chiesa locale offre consulenza sui traumi, borse di studio perché i bambini possano continuare a ricevere un’istruzione, cibo e altri tipi di aiuti umanitari. Nel 2022, i pastori Fulani hanno attaccato 93 villaggi, uccidendo 325 agricoltori.

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