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“Gli ebrei hanno ucciso Gesù”: così è nato l’odio antigiudaico

ECCE HOMO,PONTIUS PILATE

Antonio Ciseri | PD

Pilato lascia alla folla la scelta sulla condanna a morte di Gesù di Nazareth.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 12/02/23

Un libro di uno scrittore ebraico accende i riflettori sui vangeli, Pilato e le lotte dell’epoca tra ebrei e cristiani (con San Paolo "protagonista")

La punta dell’iceberg sono stati Hitler e l’Olocausto, ma l’odio contro gli ebrei, ancora oggi diffuso tra pregiudizi e poca conoscenza della loro cultura, sarebbe originato dalla morte di Gesù.  

Giuseppe Altamore nel libro Chi ha ucciso Gesù” (San Paolo) sostiene che ci sia un legame tra l’antigiudaismo, cioè l’avversione religiosa che si è manifestata contro gli ebrei fin dal primo secolo, e l’antisemitismo, vale a dire l’odio che minaccia l’esistenza stessa degli ebrei.

La tesi del libro di Altamore

«Una forma di odio che nasce e si sedimenta a partire dall’attribuzione agli ebrei della responsabilità dell’uccisione di Cristo, che si basa su una particolare interpretazione dei vangeli, degli Atti degli apostoli e delle Lettere di san Paolo», afferma Altamore.

Metropolitan Cathedral of Saint Paul Mdina Malta
San Paolo, protagonista (non proprio in positivo) del libro di Altamore.

Pilato nei vangeli sinottici

Negli scritti sinottici, secondo l’autore di “Chi ha ucciso Gesù”, Pilato sembra apparire come un’autorità spinta dagli ebrei a crocifiggere Gesù suo malgrado. Il vangelo di Giovanni (capitolo 18 versetti 28-40) ci presenta infatti il governatore romano quasi più come una vittima dei giudei che come un carnefice. Secondo questa visione, Pilato addirittura assolve Gesù dicendo ai sinedriti che gli avevano consegnato il prigioniero: “Io non trovo in lui colpa alcuna”.

Israele diventa responsabile della morte di Gesù

Il racconto evangelico degli scritti canonici e di quelli apocrifi, scritti che comunque circolavano, furono utilizzati dai primi teologi cristiani per colpevolizzare indistintamente tutti gli ebrei della morte di Cristo, anche quelli geograficamente e temporalmente lontani dagli eventi: tutto Israele divenne responsabile della crocifissione del Messia, che non riconobbe. Una visione che è stata completamente rovesciata solo in anni recenti, precisamente con la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate.

PIETA

Una rivalità molto aspra dopo il 70 d.C.

Quel che sappiamo è che la rivalità tra i due gruppi religiosi divenne più aspra dopo il 70, anno della distruzione del secondo tempio, e nei decenni successivi, con reciproche accuse che venivano abilmente sfruttate dai Romani, soprattutto dopo la definitiva sconfitta di Israele con l’ultima disperata rivolta del 135, guidata da Simon Bar Kokhba. 

San Paolo

La straordinaria diffusione del cristianesimo, soprattutto a opera dell’ebreo Saul, divenuto poi san Paolo, folgorato sulla via di Damasco mentre era in missione per perseguitare alcuni seguaci del Nazareno, accrebbe la distanza tra i due gruppi: da una parte i farisei, sempre più stretti attorno alla tradizione ebraica e alla Torah, dall’altra i fedeli di Gesù, sempre più lontani dalla tradizione, una distanza dovuta anche all’ingresso nella loro comunità di gentili non circoncisi: di pagani affascinati dalle predicazioni di san Paolo e dei suoi discepoli.

“Strenuo persecutore”

Siamo in un contesto di feroci scontri, si legge sul libro “Chi ha ucciso Gesù”, tra due formazioni religiose che si lanciavano accuse reciproche; gli ebrei perseguitavano i cristiani che venivano arrestati e processati secondo il diritto romano. Del resto, lo stesso san Paolo fu uno strenuo persecutore. Le accese polemiche antiebraiche dei primi cristiani costituirono dunque il pilastro su cui costruire la nuova identità religiosa e culturale in un clima di scontro e di ricerca di legittimazione.

La posizione di Benedetto XVI sugli ebrei

Quando i vangeli dicono che furono i Giudei ad accusare Gesù e a chiederne la condanna a morte, questo non significa che si tratti di tutto il “popolo di Israele”, afferma Benedetto XVI nel suo libro Gesù di Nazareth (Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2011). «Domandiamoci anzitutto», si chiede il papa, «chi erano precisamente gli accusatori? Chi ha insistito per la condanna di Gesù a morte?».

Il pensiero dell’apostolo Matteo

L’apostolo Matteo, nel suo racconto, non può che essere lo specchio dell’aspro conflitto in corso: l’evangelista fa emergere con forza le responsabilità del Sinedrio, ma attenua la sentenza del procuratore romano, scaricando su coloro che stavano davanti all’autorità la responsabilità finale della condanna a morte di Cristo.

Da critica a odio anti ebraico

i passi più critici dei vangeli nei confronti dei giudei furono ampiamente utilizzati nei primi secoli per gettare discredito sugli ebrei che, pur essendo una minoranza, rappresentavano una spina nel fianco del cristianesimo per vari motivi. Per esempio, una delle poste in gioco era sicuramente la conquista dell’Impero, ben al di là alle divisioni teologiche ormai insanabili. 

Ecco perché, da un certo punto in poi, la critica di san Paolo al formalismo della religione dei padri lascerà il posto all’accusa di deicidio e al conseguente insegnamento del disprezzo, armi propagandistiche molto più efficaci per colpire l’avversario ormai identificato come un nemico della Chiesa.

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