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Perché Elisabetta Canori Mora è rimasta con il marito infedele?

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santiebeati.it

Silvia Lucchetti - pubblicato il 12/02/23

Né per opportunismo né per moralismo, ma con la segreta speranza di redimerlo e convertirlo, sentendosi responsabile della sua salvezza.

“La coppia scoppia”: quante volte abbiamo sentito questo adagio a testimoniare le enormi difficoltà che incontra oggi l’unione matrimoniale, la quale viene spesso a infrangersi anche di fronte ad ostacoli non insormontabili. Qualche giorno fa entrando in San Carlo alle Quattro Fontane, piccola chiesa nominata anche “San Carlino”, perla romana del Borromini in stile barocco, sono rimasta affascinata dalla figura della beata Elisabetta Canori Mora, che frequentava assiduamente questo luogo sacro. Qui si accostava al sacramento della comunione e confessione, qui aveva il suo padre spirituale, qui entrò nel terz’Ordine Trinitario. (acistampa.com)

Quando morì  fu seppellita in questa chiesa, e così San Carlino di fatto è il “santuario” della Beata Elisabetta, proclamata tale da Giovanni Paolo II il 24 aprile 1994 insieme a Gianna Beretta Molla.

La sua vita è l’esempio, che qualcuno aggettiverebbe paradossale, della forza e della indissolubilità del vincolo matrimoniale.

La storia di Elisabetta Canori Mora

Nasce a Roma il 21 novembre 1774 da una famiglia benestante di proprietari terrieri, che dopo qualche anno va però incontro ad una difficile situazione economica. Per questo motivo Elisabetta e la sorella Benedetta, prese in carico da uno zio paterno residente a Spoleto  vengono affidate alle suore agostiniane del monastero di Santa Rita da Cascia. 

Rientrata a Roma conduce per alcuni anni una vita mondana e brillante, risultando molto apprezzata per bellezza e raffinatezza: un periodo che in seguito valuterà un “tradimento” della sua etica religiosa.

Il 10 gennaio 1796 si celebra il matrimonio con Cristoforo Mora, giovane colto ed educato, ben avviato nella carriera di avvocato, che si rivela inizialmente tanto innamorato da rasentare, con le sue proibizioni, la gelosia patologica.

I tradimenti del marito

Ben preso però egli rivela la sua fragilità: si invaghisce di una donna di modeste condizioni  per la quale tradisce sistematicamente la moglie, trascurando la famiglia che riduce sul lastrico.

La nascita delle figlie, Marianna nel 1799 e Maria Lucina nel 1801, non incide minimamente sulla vita adulterina di Cristoforo, che infierisce ulteriormente sulla moglie usandole  violenza fisica e psicologica.

Elisabetta risponde al tradimento, e alle tante umiliazioni subite anche dai parenti, rimanendo assolutamente fedele al marito che continua a vivere in casa, occupandosi delle figlie e risolvendosi a guadagnarsi da vivere con il lavoro di cucito, con cui mantiene anche quest’uomo depravato.

Resta insieme al marito in nome della promessa fatta davanti a Dio

Non lo fa per opportunismo o moralismo, meno che mai per motivi economici vista l’autosufficienza faticosamente conquistata, ma perché si sente a lui legata e con la segreta speranza di redimerlo e convertirlo, sentendosi responsabile della sua salvezza.

Nonostante non navighi nell’oro fa opere di carità, e la sua casa diventa punto di riferimento per molte persone con necessità materiali e spirituali. Abbraccia l’Ordine secolare dei Trinitari, conducendo uno stile di vita umile e sempre al servizio dei poveri e dei lontani da Dio.

L’intensa spiritualità di Elisabetta Canori Mora

Si diffonde nella città eterna e nelle vicinanze la fama della sua “santità”, sostenuta dall’eco di esperienze mistiche e poteri taumaturgici.

Muore il 5 febbraio 1825. Subito dopo Cristoforo si converte, entra nell’Ordine secolare dei Trinitari divenendo poi frate Minore Conventuale e sacerdote nel 1834, come gli aveva predetto la consorte.

Morirà undici anni dopo con fama di santo, risultando il miglior capolavoro di Elisabetta  Canori Mora, di cui – facendo pubblica ammenda per le sue colpe – diceva “una simile madre non si trova al mondo, e io sono indegno di esserle stato consorte”.

Se volete una storia di ordinario adulterio per nulla datato anche se consumato oltre due secoli fa, in cui solo l’epilogo esce dirompente fuori dal copione perché incastonato in una trama di misericordia in “formato cristiana famiglia”. 

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