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Benedetto XVI: tre encicliche… e mezza 

Benedykt XVI w trakcie mszy św.

Andreas SOLARO / AFP

i.Media per Aleteia - pubblicato il 31/12/22

Un pontificato relativamente breve che ha dato moltissimo alla riflessione teologica e spirituale della Chiesa

Benedetto XVI si è spento il 31 dicembre 2022, quasi 10 anni dopo la sua storica rinuncia alla cattedra di san Pietro. 

Durante gli otto anni del suo pontificato, il pontefice tedesco ha firmato tre encicliche – sulla carità, sulla speranza e sull’economia. Una quarta sulla fede, incompiuta al momento della rinuncia, sarebbe stata rapidamente completata e pubblicata da papa Francesco. Torniamo su questi quattro testi maggiori. 

1Deus caritas est: una catechesi sulla carità

La prima enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, è stata pubblicata il 25 gennaio 2006, giorno della festa della Conversione di San Paolo. «Dio è amore: chi dimora nell’amore dimora in Dio, e Dio in lui» – è con questa frase tratta dalla prima Lettera di san Giovanni che si apre questo documento pontificio. 

Nella sua introduzione, Benedetto XVI precisa anzitutto che «in un mondo in cui al nome di Dio si associa talvolta la vendetta, oppure il dovere dell’odio e della violenza», il messaggio d’amore di Cristo possiede «una grande attualità». «Per questo – spiega – nella mia prima enciclica desidero parlare dell’amore di cui Dio ci colma e che dobbiamo comunicare agli altri». 

Nella prima parte, il papa si sofferma anzitutto su «un problema di linguaggio», notando che «il termine “amore” oggi è diventato una delle parole più utilizzate e anche una delle più abusate», poiché le si dànno «accezioni totalmente differenti». Egli precisa allora che si parla «di amore di patria, di amore per il mestiere, di amore tra amici, di amore del lavoro, di amore tra genitori e figli, tra fratelli e parenti, di amore per il prossimo e di amore per Dio». Poi, Benedetto XVI mostra al contempo che cosa differenzia e che cosa unisce tra loro l’amore umano, l’eros e l’agape divini. 

Nella seconda parte, Benedetto XVI sottolinea che la carità fa parte dei tre compiti essenziali e indivisibili della Chiesa, insieme con l’annuncio della Parola di Dio e con la celebrazione dei sacramenti. Egli definisce alcune regole per l’azione caritativa della Chiesa, ma ricorda anche agli Stati le loro responsabilità in materia. 

In conclusione, il pontefice esalta l’esempio dei santi «che hanno esercitato in maniera esemplare la carità». Egli cita allora Martino di Tours, Antonio del deserto, Francesco d’Assisi, Ignazio di Loyola, Giovanni di Dio, Camillo de Lellis, Vincenzo de’ Paoli, Louise de Marillac, Giuseppe Cottolengo, Giovanni Bosco, Luigi Orione e Madre Teresa di Calcutta. 

2Spe salvi: quale “grande speranza”?

La seconda enciclica del papa tedesco, Spe salvi, dedicata alla “speranza cristiana”, è stata pubblicata il 30 novembre 2007. 

Benedetto XVI vi evoca la necessità di un’«autocritica dell’evo moderno in un dialogo col cristianesimo e con la sua concezione della speranza». Per il papa, «i cristiani […] devono imparare in modo rinnovato in che cosa consiste veramente la loro speranza, che cosa possono offrire al mondo e che cosa, invece, non possono offrire». 

Ai suoi occhi, «l’ambiguità del progresso» è «evidente» perché anche se «offre nuove possibilità per il bene» esso «apre anche abissali possibilità di male – possibilità che prima non esistevano». «Se al progresso tecnico non corrisponde un progresso nella formazione etica dell’uomo, nella crescita dell’uomo interiore – spiega Benedetto XVI –, allora non si tratta di progresso, ma di una minaccia per l’uomo e per il mondo». 

Per lui, «i tempi moderni hanno fatto crescere la speranza dell’instaurazione di un mondo perfetto che, grazie alle conoscenze scientifiche e a una politica scientificamente fondata, sembrava essere diventato realizzabile». 

In Spe salvi Benedetto XVI si scaglia in particolare contro il marxismo, il cui errore fondamentale è di aver «dimenticato che l’uomo resta sempre uomo». «Il suo vero errore è il materialismo: infatti l’uomo non è solo il prodotto di condizioni economiche, e non è possibile guarirlo unicamente dall’esterno, creando condizioni economiche favorevoli». Benedetto XVI spiega anche che «non è la scienza a redimere l’uomo», perché egli viene «redento dall’amore». Così «l’uomo ha bisogno di Dio, altrimenti resta privo di speranza». 

Poi il santo padre sottolinea il fatto che, nella sua esistenza, «l’uomo ha numerose speranze – alcune più piccole, altre più grandi –, variegate a seconda dei diversi periodi della sua vita». «Sembra evidente che l’uomo abbia bisogno di una speranza che vada a di là», afferma Benedetto XVI, secondo il quale «questa grande speranza […] non può essere che Dio soltanto, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci quel che noi, da soli, non possiamo conseguire». 

Benedetto XVI indica infine quattro «luoghi di apprendimento» della speranza che sono la preghiera, l’azione, la sofferenza e il Giudizio finale. 

3Caritas in veritate: l’enciclica sociale

La sola enciclica sociale di Benedetto XVI, Caritas in veritate, pubblicata il 7 luglio 2009, intende rispondere alla crisi economica del momento affermando che la persona umana è «il primo capitale da salvaguardare e valorizzare». Il papa invita a «una riflessione nuova e approfondita sul senso dell’economia e dei suoi fini». Lungo le pagine dell’enciclica «sullo sviluppo umano integrale nella carità e nella verità», Benedetto XVI invita anzitutto a rispondere alla crisi economica “in verità”. 

Il papa spiega che «la dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono, soprattutto oggi, che le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile gli scarti di ricchezza, e che ci si continui a dare come obiettivo prioritario l’accesso al lavoro o il sostentamento universale». Benedetto XVI spiega allora che «separare l’agire economico, a cui toccherebbe soltanto produrre ricchezze, dall’agire politico, a cui toccherebbe la ricerca della giustizia mediante la redistribuzione, è una causa di gravi squilibri» – poiché il bene comune deve essere anche uno degli scopi dell’attività economica. 

Del resto, il Santo Padre chiedeva la creazione di «una vera Autorità politica mondiale», cui spetterebbe fra le altre cose anche impegnarsi per la promozione di un autentico sviluppo umano integrale che si ispiri ai valori dell’amore e della verità. 

Egli auspica pure che le istituzioni economiche siano organizzate per «far fronte alle necessità legate ai bisogni primari e alle urgenze delle vere crisi alimentari». Inoltre, il Papa condanna il comportamento pro-aborto di certe ONG nei paesi poveri. 

Infine, Benedetto XVI evoca il tema dell’ambiente, legato secondo lui in modo evidente a quello della vita: «Il modo in cui l’uomo tratta l’ambiente influenza le modalità con cui egli tratta sé stesso – e viceversa». 

Egli invita allora alla «tenuta morale della società nel suo insieme», perché «esigere dalle nuove generazioni il rispetto dell’ambiente naturale diventa una contraddizione se l’educazione e le leggi non li aiutano a rispettare sé stesse». 

Il Papa ritiene infine che «l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica» e che, «per funzionare correttamente, l’economia ha bisogno dell’etica». 

4Lumen fidei: la quarta enciclica di Benedetto XVI?

Per completare la serie delle tre virtù teologali (fede, speranza e carità), Benedetto XVI aveva redatto una quarta enciclica, sulla fede, ma le tempistiche imposte dalla sua renuntiatio erano state troppo strette per permetterne la pubblicazione. Il successore, papa Francesco, decise di riprendere il lavoro e di completarlo. Fu così che l’enciclica Lumen fidei (la luce della fede) venne presentata il 5 luglio 2013, appena poche settimane dopo l’elezione del pontefice argentino. Largamente scritta da Benedetto XVI, essa contiene comunque espressioni care a Francesco, ad esempio “non lasciamoci rubare la speranza”. 

Questa enciclica intende dimostrare che la fede non è «un’illusione che impedisce il nostro cammino di uomini liberi verso l’avvenire», ma al contrario «una luce» che può «illuminare il presente». E questo «fino a diventare una stella che mostra gli orizzonti del nostro cammino in un tempo in cui l’uomo ha particolare bisogno di luce». 

Se è impossibile distinguere con esattezza i contributi di papa Francesco a questa lettera enciclica, per quanto essi siano forse quelli che le conferiscono un certo vigore pastorale, i temi cari a Benedetto XVI vi sono numerosi: la crisi della verità, il relativismo, la modernità, gli idoli, o ancora le citazioni di sant’Agostino. Il testo convente anche citazioni di Nietzsche, Dante o Dostoevskij, ma pure del filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein, del filosofo ebreo di origine tedesca Martin Buber o ancora del poeta britannico Thomas Stearns Eliot. 

Lumen fidei definisce inoltre il Concilio Vaticano II come «un concilio sulla fede», e precisa che «la successione apostolica» assicura «la continuità della memoria della Chiesa» e la sua unità. 

Pubblicando rapidamente questa prima enciclica, papa Francesco mostrava il suo desiderio di assumere pienamente l’eredità di Benedetto XVI. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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