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La sua casa è andata in fiamme la notte della vigilia, ma dice che è stato il Natale migliore della sua vita

płonące mieszkanie jednego z bloków w zimie

Zadiraka Evgenii | Shutterstock

Jarosław Kumor - pubblicato il 28/12/22

“Il fuoco è stato un'esperienza che ci ha aiutati a fermarci e a pensare a ciò che è importante durante le feste. Si pensa davvero che dobbiamo preparare cibo fino alle due di notte e seguire le partite?”

Jarosław Kumor ha parlato con padre Paweł Sobstyl, parroco della parrocchia del Bambino Gesù a Żoliborz, Varsavia, che ha raccontato un’esperienza avvenuta a Natale che gli ha cambiato la vita.

Cos’è successo, e quando?

Era il 2001. Ero stato ordinato cinque anni prima e lavoravo nella cattedrale di San Giovanni Battista di Varsavia. Verso le otto del mattino della vigilia di Natale, ho ricevuto una telefonata da mia sorella che diceva che si era verificato un incendio nell’appartamento dei miei genitori. Nella notte tra il 23 e il 24 dicembre era andato tutto a fuoco. La causa è ignota. Le indagini sono state sospese.

Come ha reagito la famiglia?

Non c’è stata disperazione, ma ovviamente c’è stato uno shock e ci è dispiaciuto molto per la casa. Ripensandoci oggi, penso al fatto che in quei giorni l’appartamento dei miei genitori era il punto di trasferimento dei dolci all’albergo di via Żytnia di Varsavia. Dirigeva la questione un amico sacerdote. I miei genitori erano coinvolti e aiutavano. In generale, in quell’appartamento accadevano tante cose buone, perché i nostri genitori ci hanno allevati nello spirito della condivisione di quello che avevamo.

Il fuoco è stato un’esperienza che ci ha aiutati a fermarci e a pensare a ciò che è importante durante le feste. Si pensa davvero che dobbiamo preparare cibo fino alle due di notte e seguire le partite? E sedersi poi la sera della vigilia ormai stremati?

Una situazione difficile

Suo padre è rimasto ferito?

Si è bruciato la fronte. Eravamo sicuri del fatto che l’esofago non fosse stato danneggiato, quindi prendeva solo acqua e l’ostia dell’Eucaristia. Mia madre aveva ustioni agli occhi e un po’ alle mani, ma lei stessa ha firmato l’uscita dall’ospedale dopo averla chiesta. Sono stato in ospedale con mia madre per mezza giornata, mentre mio padre e sua sorella erano ricoverati.

Andare per ospedali la vigilia di Natale… Saranno state tante emozioni…

Avrei dovuto confessare dalle 20.00 a mezzanotte. Sono andato dal parroco e gli ho spiegato la situazione. Alle 19.00 c’è stata la cena della vigilia nella rettoria. Sono rimasto lì per un po’. Ho consumato quello che era il mio primo pasto della giornata. Poi sono risalito in macchina per passare la vigilia con mia sorella, e poi rapidamente in ospedale con papà. Ci siamo fermati un po’ a casa dei miei, ho portato mia madre e mia sorella a casa e sono corso alla rettoria per celebrare. Poi sono tornato a casa di mia sorella e quindi alla Messa di mezzanotte. Dopo questa maratona, alla Messa di mezzanotte il parroco ha dovuto darmi una gomitata e sussurrare: “Alziamoci, alziamoci”.

Cos’ha fatto, visto che tutto quello che avevano i suoi genitori era andato in fumo?

Ricordo che dieci minuti prima delle 16.00 siamo entrati nel supermercato, che stava per chiudere. L’agente di sicurezza ha detto “Se ne vogliono andare tutti a casa”, al che abbiamo risposto: “Si rallegrino per il fatto di averne una, perché la nostra è andata in fiamme”. Ricordo che camminavamo nel supermercato e mettevamo nel carrello tutto quello che potevamo: biancheria, vestiti, articoli di uso quotidiano… Il volto della cassiera, vedendo un carrello così alle quattro del pomeriggio della vigilia di Natale, diceva tutto. Abbiamo detto: “L’appartamento è andato a fuoco stanotte, abbiamo bisogno di qualcosa”. Lei ha cominciato a piangere. È saltato fuori che aveva visto l’incendio perché viveva dall’altro lato della strada.

È stata un’esperienza difficile, ma ripensandoci ci ha uniti in modo incredibile, ci ha avvicinati. Se qualcuno della famiglia aveva un’idea sulla vita, ha fatto un giro di 180 gradi in un istante.

ks. Paweł Sobstyl

La salute non è la cosa più importante

Può dire, paradossalmente, che guardando indietro per lei è stata la vigilia di Natale migliore?

Sicuramente. L’esperienza della vigilia di Natale in un letto d’ospedale mostra che, oltre a Dio e alle persone care, non c’è bisogno di nient’altro per essere felici. L’anno dopo non siamo stati attenti ad avere una tavola imbandinta. Ovviamente tutti hanno preparato qualcosa, ma senza esagerazioni. E oggi non abbiamo problemi con il fatto che ad esempio i prezzi di quest’anno siano eccessivi. L’importante è riunirsi, pregare, partecipare all’Eucaristia. Dopo tutto, si tratta di Gesù. Non siamo noi ad essere al centro.

E Gesù viene nei rapporti familiari amorevoli.

Mi rendo conto che questa situazione le chiarisce cosa può augurare davvero alla gente a Natale…

Più che altro, da allora non abbiamo augurato “Salute, salute, perché la salute è la cosa più importante”. Oh, no. La salute non è l’aspetto più importante. La vita ed essere salvi sono ciò che conta di più. Penso che oggi augurerei a qualcuno la salvezza. E provocherei reazioni diverse.

Oltre alla salvezza, auguriamoci vicinanza, stare insieme nella comunità familiare, davanti al Signore Dio, attraversando esperienze difficili. Credo che questi siano auguri positivi. Si possono augurare ovviamente anche salute e successo, o salute e denaro, ma a volte mi chiedo se vogliamo davvero che quegli auspici si realizzino.

Quando guarda al suo ministero dalla prospettiva di quanto è accaduto, nota qualche cambiamento?

Non è cambiato molto. Come ho detto, ho imparato in casa il valore di aiutare gli altri condividendo ciò che si ha. Credo che l’esperienza dell’incendio abbia solo aumentato la mia percezione delle necessità delle persone e il desiderio di aiutare.

Ricordo che un anno dopo quell’episodio sono andato a studiare Oligofrenopedagogia, e lì ho conosciuto delle persone del centro infantile di Otwock. E praticamente un momento fa ero lì per la 21ma volta con i pacchetti per i bambini. Ogni anno metto da parte la cifra giusta per quello, e poi ho l’opportunità di trascorrere un po’ di tempo con quei bambini, portare regali, parlare di Gesù, dare l’Eucaristia e guardare la gioia nei loro occhi.

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