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La leggenda di sant’Orsola ci parla della dolcezza evangelizzatrice delle donne

Sant'Orsola e compagne

Lucia Graziano - pubblicato il 23/10/22

Nel Medioevo, sant’Orsola fu una delle sante più amate e popolari. E a buon diritto: ché tra le righe della sua storia avventurosa (e, in buona parte, leggendaria) traspaiono insegnamenti preziosi e senza tempo, capaci di insegnare molto anche a noi moderni.

Com’è possibile che nessuno abbia mai dedicato un film a sant’Orsola?

È una domanda semiseria, ma non campata per aria: la storia della giovane martire cristiana e delle sue undicimila (!) amiche inseparabili è così piena di avventure e colpi di scena da far veramente invidia alle sceneggiature di tanti kolossal.

Va da sé: è anche una storia in buona parte leggendaria. È probabile che sant’Orsola sia esistita per davvero e che ci sia quantomeno un fondo di verità dietro le vicende che stiamo per raccontare; allo stesso modo, non c’è dubbio che una buona parte delle avventure che le sono attribuite siano state partorite dalla fervida fantasia dei tanti autori che, nel corso dei secoli, si lasciarono ispirare dalla sua storia.

Il fidanzamento di sant’Orsola

Sant’Orsola, a detta degli agiografi, era una giovane vissuta alla metà del IV secolo e nata da uno di quei tanti governanti che regnavano sui piccoli regni in cui era divisa l’Inghilterra. Alcuni autori scendono nel dettaglio presentandola come la figlia di re Dionoto di Cornovaglia; in realtà, gli storici non sono certi che questo re sia realmente esistito, dunque sarà bene prendere questa affermazione con le pinze.

Per ragion di stato, la principessa Orsola fu promessa in sposa a un certo Conan, il giovane re che governava lo stato confinante. Alcuni agiografi lo vollero identificare nel personaggio storico di Conan Meriadoc, ma anche in questo caso vale il discorso di cui sopra: meglio trattare con cautela questa informazione.

In ogni caso, dal giorno alla notte, Orsola e Conan si ritrovarono fidanzati. E, come spesso capita nelle agiografie, la giovane santa rifiutò sdegnata l’idea del matrimonio; in questo caso, non perché avesse consacrato la sua verginità a Dio, ma perché semplicemente aveva valide ragioni per ritenere che Conan non fosse l’uomo adatto a lei. La giovane Orsola professava fede cristiana, mentre Conan era legato ai culti druidici degli antenati: non a torto la donna riteneva che, su quelle basi, sarebbe stato ben difficile costruire un matrimonio.

Dopo tanti pianti e tante preghiere, Orsola fu colta da un’illuminazione. Con franchezza, parlò al suo fidanzato e gli confidò il suo disagio, spiegandogli di non voler fare mosse affrettate. Gli chiese di rimandare il matrimonio di tre anni (neanche poco!), per permetterle di effettuare un pellegrinaggio verso Roma che desiderava compiere da tempo. Intanto, i due giovani avrebbero avuto tutto tempo di riflettere seriamente circa l’opportunità di portare avanti un fidanzamento nel quale sussistevano differenze così importanti. E Conan (un brav’uomo, tutto sommato) comprese la reticenza della giovane e acconsentì a quella dilazione: fu così che Orsola cominciò a organizzare il suo viaggio, in compagnia di dieci care amiche.

Il problema è che ognuna di queste amiche aveva altre amiche care; e queste altre amiche avevano cugine, sorelle e zie da cui erano inseparabili. Non capita tutte le volte di poter fare un pellegrinaggio a Roma, e la notizia di questo viaggio cominciò a circolare di bocca in bocca: in breve tempo, Orsola si trovò a capo di una comitiva di undicimila (!) donne, tutte quante determinate a visitare la Città Eterna.

Non tutte erano cristiane. Alcune – per così dire – partirono solamente per turismo.

Ma furono invece undicimila le cristiane che, al termine di quel viaggio, si inginocchiarono sulla tomba di Pietro: ascoltando le parole di Orsola e vedendo l’entusiasmo con cui la giovane annunciava il Vangelo, tutte le sue compagne di viaggio finirono per convertirsi. E lo stesso accadde anche a molti dei cavalieri che avevano fatto da scorta a quella allegra comitiva. Secondo alcune versioni della leggenda, tra di loro v’era anche Conan, il fidanzato di sant’Orsola: e anche se non tutti gli agiografi concordano su questo punto, v’è chi dice che i due giovani si unirono in matrimonio proprio sulle rive del Tevere, sotto il sorriso benevolo del papa che ne volle benedire l’unione.

Undicimila giovani che abbracciano il martirio

Una storia a lieto fine… se questa fosse la fine di questa storia.

In realtà, dopo pochi giorni dal suo arrivo a Roma, Orsola fu visitata in sogno da un angelo che le recapitò un messaggio non troppo incoraggiante: era bene che la giovane e le sue compagne di viaggio cominciassero a prepararsi a una santa morte, perché sarebbe presto giunta l’ora del martirio.

Correva l’anno 385; formalmente, i cristiani avevano ampia libertà di culto. All’atto pratico, questo esercito di undicimila ragazze convertitesi al cristianesimo creò grande allarme in quegli individui che erano legati alle divinità pagane e che ben conoscevano l’abilità con cui le donne sanno dolcemente evangelizzare le proprie famiglie. Temendo una catastrofica conversione su larga scala operata da quel gruppo di pericolose amiche sorridenti, alcuni uomini decisero di correre ai ripari e cercarono un sicario pronte ad assassinarle.

In quel periodo, la città di Colonia era sotto assedio per mano del re degli Unni. Sapendo che le pellegrine, ormai di ritorno verso la loro patria, sarebbero state costrette a transitare nelle vicinanze, due soldati romani strinsero con gli Unni una scellerata alleanza: i barbari avrebbero potuto divertirsi a torturare quelle undicimila giovani se avessero accettato di frenare la loro marcia verso Roma.

Gli Unni accettarono; e Orsola e le sue amiche, senza nulla subodorare di quella trappola, andarono incontro a morte annunciata. Solo a Orsola fu data la possibilità di salvarsi: secondo la leggenda, il re degli Unni fu colpito dalla sua bellezza (e, probabilmente, anche dal sangue blu che scorreva nelle sue vene di principessa) e le propose di sposarsi. Non c’è neppure bisogno di dire che la giovane rifiutò sdegnata, preferendo unirsi alle sue compagne di martirio: era il 21 ottobre 385 quando la donna esalava il suo ultimo respiro.

La morale di questa storia

Gli Unni mantennero la parola data ai due soldati e si tennero lontani dalla Città Eterna. Che tuttavia fu saccheggiata dai Visigoti venticinque anni più tardi: a ben poco era valso quell’orrido sacrificio umano con cui i due uomini scellerati avevano sperato di poter comprare la pace.

Le undicimila amiche di sant’Orsola furono uccise ad una ad una, ma quel massacro ebbe scarsa utilità dal punto di vista dei pagani: «il sangue dei martiri è seme per nuovi cristiani» recita l’adagio, che anche in quel caso mostrò di esser vero. Il coraggio e la fermezza con cui le ragazze erano andate incontro alla morte, senza indietreggiare e senza accettare compromessi che avrebbero potuto permettere loro di salvarsi, colpì nel profondo le loro famiglie – procurando comunque una conversione.

E se dovessimo trarre un’unica morale dall’avventurosa leggenda della santa, probabilmente potremmo dire che l’insegnamento è proprio questo: la malvagità non paga.

Le maniere forti, la violenza (e persino le stragi, in questo caso) possono far pensare d’avere il coltello dalla parte del manico; ma a fare i veri miracoli, in questa storia, furono la pacata fermezza e la dolce ostinazione di un gruppo di giovani donne che non furono disposte a scendere a compromessi, e che amabilmente lottarono per difendere i loro ideali. A partire dal “no” a un fidanzato che non era (ancora) l’uomo giusto (ma che proprio per questo fu spronato a diventarlo), per arrivare al dolce “sì” con cui le amiche si ornarono, assieme, della palma del martirio.

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