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Sono beati i preti martiri di Boves massacrati dai nazisti

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TG2000 | Youtube

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 22/10/22

Tra le 24 vittime dell’eccidio di Boves compiuto dai nazisti il 19 settembre 1943, c’erano anche il parroco e il suo giovane vice. Che fino alla fine si immolarono per i loro fedeli

Hanno assolto i fedeli e dato l’estrema unzione, sapendo che sarebbero stati ammazzati da un momento all’altro: i martiri di Boves, don Giuseppe Bernardi e don Mario Ghibaudo, sono stati proclamati beati domenica 16 ottobre 2022. 

Una giornata di festa per onorare i due sacerdoti «uccisi in odio alla fede» a Boves (Cuneo) nella prima rappresaglia nazista in Italia compiuta dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. 

Il rapimento di due SS

Tra le 24 vittime dell’eccidio compiuto il 19 settembre 1943 c’erano anche loro, il parroco don Giuseppe Bernardi nato a Caraglio, di 46 anni, e il suo giovane vice, don Mario Ghibaudo di 23 anni, nativo di Borgo San Dalmazzo e sacerdote da soli tre mesi. Quel tragico giorno era iniziato con uno scontro tra uno dei primi gruppi partigiani e i tedeschi, con il rapimento di due SS, la milizia nazista.  

Il comandante 

Il loro comandante, Joachim Peiper, coinvolse don Bernardi e l’imprenditore Antonio Vassallo come mediatori per la loro liberazione. Nonostante l’esito positivo della trattativa Peiper ordinò di incendiare il paese. Al termine della lunga giornata don Giuseppe e Vassallo furono trucidati e bruciati, don Mario ucciso nell’atto di benedire un bovesano colpito dal fuoco di un soldato tedesco (Avvenire, 14 ottobre 2022).

La garanzia mai data

Prima di partire don Bernardi ha chiesto a Peiper una garanzia scritta, ma il maggiore delle SS ha risposto che la parola di un tedesco vale più di cento firme di italiani. Sta mentendo. La parola di Peiper si era rivelata carta straccia. Don Bernardi e Vassallo erano stati catturati ed esposti per ore su un carrarmato in piazza Italia. Poi portati in giro e costretti ad assistere allo scempio tra le case che venivano incendiate con la gente dentro. 

Case a fuoco e la sparatoria “tremenda”

«Mio padre era da molti anni il direttore della Cassa Rurale, abitavamo in piazza dell’Olmo sopra la banca e l’esattoria – racconta Franco Giraudo, 87 anni –. Dalla finestra vidi prima don Bernardi e Vassallo sull’autoblindo tedesco. Poi le SS che appiccavano il fuoco alle case, anche alla nostra. Mentre con la mamma e le mie quattro sorelle scappavamo verso Cuneo, sentimmo una sparatoria tremenda, era quella in cui moriva don Mario Ghibaudo, il viceparroco».

L’omicidio di don Mario

Don Mario è solo un ragazzo ma i bovesani lo ricordano mentre pallido raggiunge don Bernardi ostaggio sul panzer in piazza, gli porta del caffè caldo e gli chiede l’assoluzione. Tutto intorno grida, pianti, confusione. Don Mario conduce nelle campagne le orfanelle, non ne perde una, poi torna in paese. Benedice, assolve, porta in salvo, trascina via un carretto su cui è abbandonata un’anziana paralizzata (Maddalena, 90 anni, morirà due anni dopo). Torna di nuovo, incontra due nonni che scappano con i tre nipotini, uno dei quali disabile in carrozzina

La scarica del mitra

Un SS sta sparando sul bambino, che si salva rovesciandosi nel fossato. Allora spara al nonno, don Mario corre a dargli l’assoluzione. Ma sul suo braccio benedicente l’SS scarica il mitra (come il cannone premonitore sulle braccia di Sant’Antonio), poi lo pugnala al petto in odium fidei.

Il processo di beatificazione 

Il processo di beatificazione dei due preti martiri di Boves è iniziato nel maggio del 2013. La firma ufficiale del vescovo di Cuneo e di Fossano, era allora Giuseppe Cavallotto, fu apposta nel convento delle Clarisse di Boves. Dallo stesso luogo il 26 aprile del 2016 partirono le reliquie dei due sacerdoti per essere traslate nella chiesa di San Bartolomeo. Che ora è punto di riferimento per la preghiera e la richiesta di perdono da parte di molti devoti ai due «martiri» (Avvenire, 15 ottobre 2022).

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