Nella serie Netflix "Una semplice domanda" Alessandro Cattelan esplora il tema della felicità. Parlando del suo tumore, Vialli gli ha confidato: "La malattia non è esclusivamente sofferenza, può insegnare molto di come sei fatto".
Sto seguendo con curiosità e crescente sorpresa la serie Netflix Una semplice domanda, ideata e condotta da Alessandro Cattelan.
La felicità, un padre e una figlia
Il format si basa su uno spunto suscitato a Cattelan dalla figlia: Papà, cos’è la felicità?. La domanda è semplice, come recita il titolo della serie. Verrebbe anche da dire che è essenziale e irrinunciabile. L’uomo se lo chiede da sempre, cosa cambia quando è un figlio a esigere una risposta?
L’ipotesi di questa serie – vera o fittizia che sia (ma il mio istinto propende per l’autenticità) – è un padre che si mette in viaggio per dare una risposta alla figlia, che sia radicata nelle esperienze umane. Questo fa la differenza tra una speculazione astratta e un’urgenza autentica. Essere interrogati dai figli ci spinge, ci urge a non accontentarci di ipotesi e illusioni. E allora si va on the road, Cattelan si mette a cercare, incontrando amici famosi e gente comune.
Tutte le volte che vedo un uomo impegnato a porsi domande che vanno al cuore della nostra struttura umana e a stare dentro il tumulto delle risposte possibili, mi ritorna in mente il discorso di San Paolo all’Aeropago:
Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.